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Scritti per Ventiquattro

Giovani in bilico

di Fereshteh Sari

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«Dici bene. Però tremo al pensiero di un agente che sfiori il vestito di Aftab: ogni volta che esce resto in pena. Oggi ha indossato lo spolverino azzurro con i calzoni bianchi, quando s'avvicina l'estate le ronde di controllo sono addosso agli spolverini corti e colorati. Quando va all'università almeno si veste di nero. Lascia che le faccia un altro squillo al cellulare, era sempre occupato».

«Riporta il dolce di mele, un altro pezzettino non fa male, il resto lo lasciamo ad Aftab».

«Aftab non mangia dolci, come pensi che rimanga Twiggy? Nei suoi spolverini non mi entra neanche un braccio, l'unico dolce che Aftab mangia è il cioccolato. Quando faccio l'halvà (dolce usato per le commemorazioni funebri, ndt) arriva annusando e dice che c'è odore di cimitero, e pensare che nella sua vita è stata solo un paio di volte a cerimonie funebri».

«Hai sentito? Ora c'è un programma per il computer che fa vedere come sarai a mezza età e da vecchio».

«E allora?! È come quell'altro, che ti fa vedere coi capelli corti o che so io».

«Sì, una cosa simile, pensa se allora avessimo potuto vederci trent'anni dopo!».

«Come in televisione».

«A volte la scienza fa cose oltre l'immaginabile».

Adesso è il momento giusto, devo dirglielo, ho il cuore che batte, perché Aftab non risponde?

«Come va fra Aftab e Nima?».

«Bene, anzi, come dice lei, "cool", gli manda sms anche quand'è in bagno!».

«Al picnic di primavera i nostri vicini ci hanno portato a forza al Parco Lavizan, tutte le donne si davano arie con i ragazzi delle figlie, come una volta le madri facevano con i generi. I padri erano all'oscuro di tutto, e mentre questi spilluzzicavano il cibo, le madri dardeggiavano alle figlie per dire "occhio che papà non sa niente!"».

«Hai ragione Roia. Ti ricordi di Setareh? Era un anno più avanti di noi all'università, ha sistemato suo figlio Saman per bene, e tutto da sola, suo marito è stato giustiziato, in quell'esecuzione nell'estate del 1988, nonostante puzzasse di politica è riuscita a tenere fuori il figlio, diceva "noi abbiamo già dato" e invece il figlio è finito nelle dimostrazioni all'università e l'hanno preso».

«Povera sua madre!».

«Sì, si sta consumando, dopo mesi senza notizie, adesso le hanno chiesto la cauzione per il rilascio del figlio, fino al processo».

Perché non dice niente? È sempre stata in prima linea per aiutare gli altri.

«Vogliono una cauzione di 200 milioni di tumàn, oppure la garanzia di un piccolo appartamento». «Pensare che 25 anni fa uno stipendio mensile era quattromila tumàn, adesso con quella cifra ci compri un vassoio di paste, manco un cocomero».

«La maggior parte dei giovani non ha nulla, dipendono dai genitori, se hanno una casa la dividono in appartamenti».

Deve aver capito le mie intenzioni...

«Quale Setareh? Non mi viene in mente, è mica quella che in facoltà stava dietro al banco delle pubblicazioni del Partito dei Lavoratori, sempre vestita con una blusa larga e pantaloni kaki?».

«Sì, proprio lei, la vedo ogni tanto, le sarebbe piaciuto che Saman e Aftab fossero diventati amici... È il telefono, forse è Aftab...».

«Ciao, perché non rispondi al telefono?».

«Ascolta mamma, non ti preoccupare, ci hanno prese, me e Banafsheh».

«Oh Signore, perché, adesso dove sei?».

«Non t'agitare, mamma, non è niente, siamo al posto di polizia vicino a Takht-e Tavus, devi venire per la garanzia. Sì, è per come eravamo vestite, non so, adesso mi riprendono il telefono... No, eravamo al centro commerciale, al coffee shop, io e Banafsheh, non c'era nessuno che conoscessimo, sai che voglio dire, vieni presto!».

«Vengo anch'io con te Nilufar, chiama un taxi, corri, mettiti il velo, scendiamo... Arriva subito il taxi?».

«Brava Aftab, avevo paura che fosse con Nima, non ha dato le generalità, è stata una retata».

Magari la prossima volta non la lasciano libera solo con un po' di scartoffie, magari la prossima volta vogliono una garanzia anche da me, a parte Roia nessun'altra delle persone che conosco ce l'ha, allora non le dico di garantire per Saman, povera Setareh, povera me, mi sono estraniata dalla mia realtà, fanno certe cose che la gente non rimane neppure se stessa, una volta Setareh è andata a trovare Saman, ha detto che è ridotto pelle e ossa...

«Hai preso su la tua carta d'identità, Nilufar? Scendiamo?».

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